Una recensione del Pastore errante
Praticamente
in testa alle classifiche dall'uscita nelle librerie, poco più di
tre mesi fa, per un totale, ad oggi, di quasi un milione e mezzo di
copie vendute. E con un ideale epistolario rivolto proprio a Giacomo
Leopardi. L'impresa è riuscita ad Alessandro D'Avenia, professore e
scrittore, autore negli ultimi anni di vari best-seller, tra cui Ciò
che inferno non è e, soprattutto, Bianca come il latte, rossa
come il sangue (entrambi titoli di calviniana memoria); il libro
in questione è L'arte di essere fragili. Sottotitolo: Come
Leopardi può salvarti la vita.
C'è
da mettere in chiaro un paio di questioni. La prima: L'arte di
essere fragili non è un saggio su Leopardi, non ha la pretesa di
esserlo (come specificato dallo stesso autore) e non potrebbe
esserlo. La seconda: ammettiamo che, complice anche Mario Martone e
il suo Giovane favoloso, in questo periodo il più noto
cittadino cui Recanati abbia mai dato i natali sta conoscendo
un'ondata di una certa popolarità. Il che non è un male, anzi:
purché la si cavalchi con assennatezza e una buona dose di spirito
critico. Ed è in questa vague leopardiana che sicuramente
D'Avenia si inserisce.
C'è
poi da ammettere che, nel leggere questo epistolario in cui le
domande rivolte a Leopardi hanno spesso piuttosto l'aria di
preghiere, si avverte un certo senso di inadeguatezza, e si può
storcere un po' il naso. E non tanto perché chi studia Leopardi tema
costantemente di vedere realizzato un pericolo di banalizzazione;
quanto, in generale, perché il libro sembrerebbe davvero indirizzato
a e pensato per un pubblico preciso, quello con cui D'Avenia,
professore di liceo, vive e lavora costantemente, e che conosce molto
bene: gli adolescenti.
Si
potrebbe affermare che L'arte di essere fragili è un libro
adolescenziale? Sì, ma stando ben attenti a non attribuire
all'aggettivo una connotazione negativa o riduttiva. L'intento di
D'Avenia è anche quello di trasmettere la vitalità e la passione di
Giacomo Leopardi, provando a superare l'immagine stereotipata di un
autore dolorosamente escluso dall'amicizia, dall'amore e
dall'interesse per la vita. E seppure nel perseguire questo obiettivo
si lasci talvolta andare a un eccesso di retorica (si percepisce un
leggero abuso di parole come «bellezza»
o «limite», nonché della metafora del fragile seme che muore per
portare frutti), D'Avenia sa come raccontare Leopardi al pubblico
giovane dei suoi lettori.
Non
solo: L'arte di essere
fragili è un libro
adolescenziale perché parla sì agli adolescenti, ma anche degli
adolescenti. Ed è forse questo l'aspetto più interessante del libro
per chi adolescente non è più. Attraverso messaggi, domande, gesti,
parole dei propri studenti (e non solo), D'Avenia offre una sensibile
e partecipata testimonianza sull'età vitalissima e (appunto)
fragilissima dell'adolescenza, cui occorre prestare cure e attenzioni
particolari.
Si
potrebbe obiettare che la storia e le parole di Leopardi possiedono
una forza tale da toccare i giovani senza bisogno di un certo tipo di
mediazioni. Vero. Vero anche, però, che la lettura de L'arte
di essere fragili non
dovrebbe esaurirsi in sé stessa. C'è da augurarsi che, coinvolti
dall'appassionata scrittura di uno tra i loro autori preferiti, i
ragazzi prendano in mano e comincino a sfogliare i Canti
o lo Zibaldone.
Ringraziando, chiaramente, il professore che per la prima volta li ha
fatti incontrare.