venerdì 24 febbraio 2017

L'arte di essere fragili: D'Avenia racconta Leopardi

Una recensione del Pastore errante

Praticamente in testa alle classifiche dall'uscita nelle librerie, poco più di tre mesi fa, per un totale, ad oggi, di quasi un milione e mezzo di copie vendute. E con un ideale epistolario rivolto proprio a Giacomo Leopardi. L'impresa è riuscita ad Alessandro D'Avenia, professore e scrittore, autore negli ultimi anni di vari best-seller, tra cui Ciò che inferno non è e, soprattutto, Bianca come il latte, rossa come il sangue (entrambi titoli di calviniana memoria); il libro in questione è L'arte di essere fragili. Sottotitolo: Come Leopardi può salvarti la vita.

C'è da mettere in chiaro un paio di questioni. La prima: L'arte di essere fragili non è un saggio su Leopardi, non ha la pretesa di esserlo (come specificato dallo stesso autore) e non potrebbe esserlo. La seconda: ammettiamo che, complice anche Mario Martone e il suo Giovane favoloso, in questo periodo il più noto cittadino cui Recanati abbia mai dato i natali sta conoscendo un'ondata di una certa popolarità. Il che non è un male, anzi: purché la si cavalchi con assennatezza e una buona dose di spirito critico. Ed è in questa vague leopardiana che sicuramente D'Avenia si inserisce.
C'è poi da ammettere che, nel leggere questo epistolario in cui le domande rivolte a Leopardi hanno spesso piuttosto l'aria di preghiere, si avverte un certo senso di inadeguatezza, e si può storcere un po' il naso. E non tanto perché chi studia Leopardi tema costantemente di vedere realizzato un pericolo di banalizzazione; quanto, in generale, perché il libro sembrerebbe davvero indirizzato a e pensato per un pubblico preciso, quello con cui D'Avenia, professore di liceo, vive e lavora costantemente, e che conosce molto bene: gli adolescenti.
Si potrebbe affermare che L'arte di essere fragili è un libro adolescenziale? Sì, ma stando ben attenti a non attribuire all'aggettivo una connotazione negativa o riduttiva. L'intento di D'Avenia è anche quello di trasmettere la vitalità e la passione di Giacomo Leopardi, provando a superare l'immagine stereotipata di un autore dolorosamente escluso dall'amicizia, dall'amore e dall'interesse per la vita. E seppure nel perseguire questo obiettivo si lasci talvolta andare a un eccesso di retorica (si percepisce un leggero abuso di parole come «bellezza» o «limite», nonché della metafora del fragile seme che muore per portare frutti), D'Avenia sa come raccontare Leopardi al pubblico giovane dei suoi lettori.
Non solo: L'arte di essere fragili è un libro adolescenziale perché parla sì agli adolescenti, ma anche degli adolescenti. Ed è forse questo l'aspetto più interessante del libro per chi adolescente non è più. Attraverso messaggi, domande, gesti, parole dei propri studenti (e non solo), D'Avenia offre una sensibile e partecipata testimonianza sull'età vitalissima e (appunto) fragilissima dell'adolescenza, cui occorre prestare cure e attenzioni particolari.

Si potrebbe obiettare che la storia e le parole di Leopardi possiedono una forza tale da toccare i giovani senza bisogno di un certo tipo di mediazioni. Vero. Vero anche, però, che la lettura de L'arte di essere fragili non dovrebbe esaurirsi in sé stessa. C'è da augurarsi che, coinvolti dall'appassionata scrittura di uno tra i loro autori preferiti, i ragazzi prendano in mano e comincino a sfogliare i Canti o lo Zibaldone. Ringraziando, chiaramente, il professore che per la prima volta li ha fatti incontrare. 

Il Pastore Errante