venerdì 31 marzo 2017

Scrive Leopardi: IL PARINI OVVERO DELLA GLORIA


CAPITOLO PRIMO

Giuseppe Parini fu alla nostra memoria uno dei pochissimi Italiani che all'eccellenza nelle lettere congiunsero la profondità dei pensieri, e molta notizia ed uso della filosofia presente: cose oramai sì necessarie alle lettere amene, che non si comprenderebbe come queste se ne potessero scompagnare, se di ciò non si vedessero in Italia infiniti esempi.

Il Parini, ovvero della gloria

Fu eziandio, come è noto, di singolare innocenza, pietà verso gl'infelici e verso la patria, fede verso gli amici, nobiltà d'animo, e costanza contro le avversità della natura e della fortuna, che travagliarono tutta la sua vita misera ed umile, finché la morte lo trasse dall'oscurità. Ebbe parecchi discepoli: ai quali insegnava prima a conoscere gli uomini e le cose loro, e quindi a dilettarli coll'eloquenza e colla poesia. Tra gli altri, a un giovane d'indole e di ardore incredibile ai buoni studi, e di espettazione maravigliosa, venuto non molto prima nella sua disciplina, prese un giorno a parlare in questa sentenza. 

mercoledì 22 marzo 2017

Impressioni di un itinerario letterario: Sant’Onofrio tra Tasso e Leopardi




Foto di Valentina Leone
 Prima di salutarci, perché non ci saremmo più viste per diversi mesi, decidemmo di sciogliere una di quelle promesse che avevamo stretto quando, per caso, ci eravamo trovate tutte a Roma. Era ormai quasi mezzogiorno e ci affrettavamo lungo la salita di Sant’Onofrio, rimasta la stessa percorsa da Giacomo Leopardi due secoli fa. La prospettiva confinava la chiesa nel fondo, stretta sui fianchi dai più recenti palazzi, mentre imprevisti alcuni scorci, ai lati della strada, lasciavano evadere lo sguardo oltre le poche foglie di edera resistite al gelo, verso le scale che precipitavano fino al fiume. Per un momento, avanzando, l’illusione ottica ci aveva fatto temere di scorgere ancora una volta il cancello chiuso, come se la mente tentasse di ingannarsi per prevenire una possibile delusione. Invece il cancello della chiesa di Sant’Onofrio era ancora timidamente dischiuso, forse per scoraggiare gli ultimi visitatori che come noi accorrevano poco prima dell’orario di chiusura. Fu bastante questo segno di malcelata accoglienza a scacciare lo spirito di invettiva, così insolito, che già prendeva piede nell’animo per denunciare le poche risorse destinate a un sito così importante, per di più un edificio ecclesiastico, aperto solo un paio di ore al giorno.

La potenza di un “fiore giallo”. L’eternità della Ginestra, il «frutto» di un poeta vitale e coraggioso: Giacomo Leopardi


«Perché la poesia non è il fiore sul vulcano», affermava convinto Giorgio Bassani. Ma il cratere vesuviano dei primi anni dell’Ottocento, quello che Leopardi scrutava dalla sua finestra, aveva intorno un deserto. Un fiore giallo sulle pendici di un vulcano, allora, poteva a pieno titolo diventare un insieme di versi devastante, può, adesso, scatenare poesia. Un’espressione del genere, con parole da scuola dell’infanzia come «fiore» e «giallo», se pronunciata in un contesto ufficiale, provocherebbe reazioni contrastanti. In realtà contiene tutte le contraddizioni che la poesia stessa porta inevitabilmente ed etimologicamente con sé. «Inventare», nella radice del termine poesia, spesso è cosa fattibile solo a seguito di un impulso. Ma il fiore giallo è un accostamento di due termini che anche un bambino può facilmente produrre. Dopo la divagazione alimentata dall’incipit provocatorio, è necessario squarciare il velo di Maya schopenhaueriano e svelare il segreto di Pulcinella (geograficamente si resta in zona) sulla denominazione scientifica del fiore di cui si dibatte.